Ipertensione polmonare post-tromboembolica e relata a patologie polmonari

Nell’Ipertensione polmonare si verifica un aumento della pressione arteriosa polmonare: modificazioni a carico dei piccoli vasi polmonari determinano infatti un progressivo aumento delle resistenze vascolari e quindi ipertensione polmonare.
Può essere acuta o cronica (quest’ultima, a sua volta, distinta in primitiva e secondaria). La forma acuta consegue quasi sempre a embolia polmonare o a sindrome da distress respiratorio.

Quella cronica primitiva è dovuta a insufficienza del ventricolo destro, mentre quella cronica secondaria può essere dovuta a cardiopatie, vasculopatie e malattie respiratorie (tra cui la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’enfisema polmonare, la fibrosi interstiziale e le apnee notturne in quanto queste ultime determinano ipoventilazione polmonare).

I pazienti che soffrono di ipertensione polmonare presentano sintomi come la dispnea progressiva da sforzo con o senza segni di disfunzione cardiaca destra, che si manifesta con affaticamento, dolore toracico, palpitazioni, sincope o edema.

La diagnosi viene posta, oltre che con l’evidenza clinica, con indagini radiologiche, elettrocardiografiche, mentre la pressione polmonare viene misurata con il cateterismo cardiaco (combinato con l’angiografia polmonare). Si impiegano anche la tomografia computerizzata e test di vasoreattività polmonare.

Il trattamento può essere di tipo farmacologico (calcio-antagonisti,  antagonisti del recettore per l’endotelina, inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5, infusione di prostacicline), oppure chirurgico. Questo prevede la tromboendoarterectomia polmonare (un intervento di pulizia delle arterie polmonari), mentre nei casi più gravi si ricorre al trapianto di polmone.


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