Disturbi cognitivi

I Disturbi cognitivi consistono essenzialmente in  alterazioni delle funzioni cognitive, ovvero: attenzione, memoria, percezione, ragionamento. Più specificamente, si parla di danneggiamento cognitivo in almeno una delle seguenti aree:

  • attenzione complessa (come la capacità di pianificare o di prendere decisioni);
  • abilità esecutive
  • apprendimento e memoria
  • linguaggio
  • abilità percettive
  • cognizione sociale (come il riconoscere le emozioni e regolare il proprio comportamento).

Le cause di queste disfunzioni possono essere molte e diverse tra loro: malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, la malattia di Parkinson e i parkinsonismi, la sclerosi multipla, tumori cerebrali, encefalopatie. Possono essere provocati anche da ictus, traumi cranici, abuso di farmaci, droghe o alcol.
I sintomi si manifestano con la difficoltà nel mantenere l’attenzione, nel memorizzare o ricordare nuove informazioni, nel risolvere problemi quotidiani, nel trovare le parole, nel ricordare date o eventi recenti. Oltre al rallentamento mentale, si possono avere anche problemi di orientamento e modifiche caratteriali.

I disturbi cognitivi possono essere di competenza, oltre che del neurologo, del neuropsicologo, del geriatra, dello psichiatra e dello psicologo.
La diagnosi si basa sulla storia clinica del paziente (anamnesi) e sull’esame obiettivo generale, supportati da esami di laboratorio, tomografia computerizzata (TC), risonanza magnetica (RM) e la somministrazione di apposite scale/test di valutazione.

Nella scelta della terapia è importante riconoscere la causa scatenante. Numerosi sono i farmaci a disposizione per controllare le manifestazioni, anche se spesso non possono essere risolutivi; la terapia psicologica è essenziale, spesso estesa anche ai famigliari del paziente, per i quali la gestione della malattia del loro congiunto può essere molto impegnativa e difficile.


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