Dal 1 ottobre, Matteo Cesari, professore associato di Geriatria alla Statale di Milano, guida l’Unità operativa di Medicina interna a indirizzo geriatrico dell’IRCCS Maugeri Milano. Cesari, una carriera ricca di esperienze internazionali e di intensa ricerca, ha risposto ad alcune domande di Maugeri Notizie.
Professore, lei ha annunciato ad amici e colleghi il suo passaggio in Maugeri con un tweet, in cui si parlava di "portare avanti il programma di Geriatria della Statale di Milano". Che cosa l'ha convinta dell'IRCCS guidato da Laura Dalla Vecchia? Quali sono i suoi programmi per l'Istituto di Via Camaldoli?
Innanzitutto, grazie per avermi accolto! L’aspetto che mi ha convinto a spostarmi all’IRCCS Maugeri Milano è la sua attenzione verso principi importanti per la medicina geriatrica. Il valore che qui si dà al concetto di funzione mostra una propensione a farsi carico dei bisogni essenziali della persona fragile. Viviamo in un mondo sanitario dominato dal concetto di “malattia” e spesso ci dimentichiamo che le persone, soprattutto anziane, trovano invece nelle loro capacità il vero senso della vita. Inoltre, le tante specialità sanitarie tendono oggi a lavorare in maniera indipendente, isolata; non cercano di integrare le loro conoscenze, nonostante la crescente complessità clinica dei pazienti. La possibilità di lavorare in un ambiente multidisciplinare e focalizzato alla ripresa funzionale delle persone fragili è quanto di più coerente con i principi della medicina geriatrica.
Quali sono le sfide poste alla geriatria oggi, in Italia?
La medicina geriatrica ha per vocazione il voler creare ponti fra le strutture ospedaliere tradizionali ed il territorio. In questo contesto, mi piacerebbe poter sviluppare delle forme di ambulatorialità quanto più possibile vicine ed in sostegno della medicina di base nell’ottica di prevenire le ospedalizzazioni e favorire dimissioni protette a domicilio delle persone anziane fragili. Paradossalmente per un Paese che invecchia, c'è ancora difficoltà a capire il ruolo del Geriatra oggi.
In che senso?
Si vive nell'equivoco che l'età del paziente doni automaticamente la “patente” di Geriatra al medico. In realtà, l'età anagrafica è quanto di più fuorviante ci sia per definire il bisogno di cure geriatriche. La Geriatria è una disciplina "trasversale", disegnata per relazionarsi con le altre specialità e professioni sanitarie che affrontano i problemi legati all'invecchiamento. Da questa interazione nasce il bisogno di rimodellare i servizi tradizionali in senso multidisciplinare e di considerare priorità cliniche ed assistenziali differenti dagli standard. Solo attraverso questa difficile evoluzione dei sistemi si potrà adeguatamente affrontare la complessità biologica, clinica e sociale che i pazienti di oggi presentano.
Parliamo di Covid, professore. Nella sua esperienza clinica e di ricerca, la pandemia ci ha fatto capire di più della salute degli anziani?
La pandemia ha messo in evidenza tante criticità. Ad esempio, molti hanno “scoperto” che esistono le Residenze Sanitarie Assistenziali-RSA, dove vivono persone fragili e clinicamente molto complesse. Allo stesso tempo, si è visto che molti setting, i quali tradizionalmente accolgono pazienti geriatrici, non siano adeguatamente supportati e collegati alla rete del sistema sanitario, ancora troppo ospedale-centrica. Abbiamo capito che esiste un ageism diffuso nel modo in cui vengono forniti interventi sanitari e, più in generale, viviamo il nostro quotidiano. È anche diventato chiaro come una medicina senza contatto umano sia sterile e potenzialmente deleteria, soprattutto per le persone con patologie croniche-degenerative.
Giampaolo Cerri