La neurofisiopatologia viene incontro ai direttori di gara, a fianco del tanto dibattuto VAR -Video Assistant Referee-, il sistema di controllo dei video di gioco durante la partita, in caso di indecisione su un possibile fallo, in questo caso quello di mano. Il dott. Michelangelo Buonocore, Specialista in Neurofisiopatologia ed esperto in fisiopatologia del dolore all’IRCCS Maugeri di Pavia e di Monte-scano, spiega che, conoscendo i tempi di reazione del nostro cervello agli stimoli e la velocità a cui viaggia il pallone, si può stimare la volontarietà del gesto.
Il campionato di calcio di Serie A è appena iniziato e già si infiammano le polemiche per le modifiche al regolamento approvate dall’IFAB (International Football Association Board). A incendiare gli animi, in particolare, è la punibilità del fallo di mano: l’IFAB, infatti, ha recentemente ribadito che il fallo di mano deve essere considerato volontario, e quindi soggetto a punizione, quando un calcia-tore tocca deliberatamente la palla con la mano/braccio; oppure quando tocca la palla con la mano/braccio posti in una posizione che rende il suo corpo innaturalmente più grande.
Il più recente caso è il rigore concesso all’Inter durante la sfida con il Genoa di domenica scorsa, 19 agosto, dopo il tocco “con il braccio molto largo” di Yann Aurel Bisseck. In quel caso, in soccorso al direttore di gara, è stato utilizzato il VAR, il sistema video che fornisce assistenza ai direttori di gara dal punto di vista oggettivo.
Ma come si può determinare la volontarietà di un gesto? In questo caso, dobbiamo “usare il nostro cervello” per poter definire la volontarietà del gesto con margini di errore davvero minimi.
Lo chiarisce la scienza. “Nessuno in realtà conosce i dettagli precisi del processo cerebrale che porta all'atto volontario, ma sono noti i tempi di questo processo, dalla presentazione di uno stimolo alla risposta con movimento adeguato – spiega il dottor Michelangelo Buonocore, Specialista in Neurofisiopatologia ed esperto in fisiopatologia del dolore all’IRCCS Maugeri di Pavia e di Montescano -. Nel momento della scelta tra varie opzioni, il tempo necessario è compreso tra 350 e 500 millisecondi, in base alle diverse variabili in gioco e a partire dal numero di opzioni di scelta (bastano 200 secondi se ci sono un solo stimolo e una sola opzione di reazione)”.
Il dott. Buonocore aggiunge: “Nel caso di un oggetto in movimento, come ad esempio il pallone da calcio, che viene lanciato da un punto preciso e intercettato in un altro punto preciso, conoscendo la velocità a cui viaggia la palla e il tempo minimo per scegliere di compiere un movimento (che abbiamo detto essere stimabile in 350 millisecondi) possiamo stimare la distanza al di sotto della quale è improbabile che ci sia stato un atto volontario nell'impatto tra la mano/braccio e la palla, semplicemente perché il cervello non ha avuto il tempo necessario per decidere di reagire”.
Facciamo un esempio: diversi studi hanno calcolato che la velocità massima a cui viaggia il pallone si aggira intorno ai 20 metri al secondo, anche se alcuni calciatori particolarmente dotati sono in grado di far viaggiare la palla a velocità di poco superiori a 35 metri al secondo, corrispondenti a circa 130 km all'ora.
Se si considera il normale svolgersi di una partita di calcio e le occasioni in cui in genere il pallone viene toccato con le mani si può stimare che nella maggior parte dei casi si tratta di basse velocità. È pertanto verosimilmente giusto stimare la velocità media in cui il pallone va a colpire il braccio pari a 15 metri al secondo.
“Utilizzando come parametro tale velocità – spiega il dott. Buonocore -, si può calcolare che alla fine del momento decisionale, quando inizia cioè l'atto volontario vero e proprio, il pallone abbia già percorso 5.25 metri. Sotto tale distanza la reazione (il tocco di mano, per esempio) non può essere quindi considerata volontaria”.
Ovviamente più alta è la velocità maggiore sarà la distanza percorsa dal pallone durante il tempu-scolo decisionale. Se infatti si considera una velocità di 20 metri al secondo, allora la distanza minima che deve aver percorso la palla per considerare volontario un fallo di mano diventa 7 metri.
Conoscere la reale velocità della palla permetterebbe quindi di fare calcoli molto più precisi. “Visto il continuo progredire della tecnologia applicata al calcio, attualmente ampiamente utilizzata dal VAR, non dovrebbe essere difficile potere calcolare, in tempi utili per una decisione mediante VAR, l’esatta velocità a cui andava la palla quando ha colpito la mano/ braccio, rendendo molto più preciso il calcolo della distanza minima necessaria per considerare volontario un fallo di mano – ipotizza il dott. Buonocore -. Forse così si toglierà un po' del piacere della discussione, ma la deci-sione arbitrale sarà sicuramente più corretta”.