Intervista a Mario Melazzini su vaccini e terapie anti-Covid-19

 

Intervista a Mario Melazzini, Giulia Cazzaniga, La Verità – 17 gennaio 2022

«Basta coi virologi che parlano senza sapere» -

L'ad di Maugeri: «Molti si esprimono prima di aver studiato i dati. Le terapie in via di sperimentazione e sviluppo sono promettenti»

Il bollettino quotidiano va di so in modo completo, chiaro e trasparente, i numeri bisogna spiegarli Non possiamo agire in emergenza permanente

 

Nel suo ampio curriculum c'è anche la presidenza di Aifa, ne è stato pure direttore generale. Già membro del management board dell'Ema, ha ricoperto vari ruoli istituzionali. Oggi Mario Melazzini è ad degli Istituti clinici Maugeri, ig strutture in sei regioni.

Se gli domandi della gestione della pandemia, premetterà due cose. La prima, è che «non sono un opinionista». La seconda, è che è un medico, manager e un malato. «Sono un paziente con sclerosi laterale amiotrofica, una persona con disabilità, e se c'è una cosa che questa pandemia ci ha fatto riscoprire è che le cure sempre più devono essere umanizzate, il rapporto medico od operatore sanitario e paziente è fondamentale».

Professore, cosa prevede? I contagi peggioreranno ancora?

«Pare che la crescita stia rallentando, e valutando i dati dell'Istituto superiore di sanità e degli epidemiologi - sottolineo: quelli seri - entro le prossime settimane, massimo fine di gennaio, dovremmo essere teoricamente al picco».

Poi può andare solo meglio?

«Poi si prevede una discesa della curva, sì. Tenendo anche conto dell'enorme importanza dei vaccini. E soprattutto dei comportamenti: mascherina, distanziamento e lavaggio delle mani devono restare la nostra routine».

Nel frattempo che si fa? SI chiudono le scuole a macchia di leopardo come sta accadendo, magari con II Tar che le fa riaprire?

«Ho sempre pensato che le scuole non andassero chiuse, perché dobbiamo pensare anche alla socializzazione dei nostri bambini, dei nostri giovani». Spesso le regole cambiano, come sulla mascherina all'aperto. «Una persona molto attenta come posso essere io, anche in considerazione delle mie condizioni di fragilità, la mascherina la toglie solo quando è in montagna - una mia grande passione - completamente solo. Le leggi possono non piacere, ma vanno rispettate. In questa stagione le mascherine servono. Sulle regole che cambiano alla luce dei nuovi dati che emergono, però, le faccio un altro esempio».

Quale?

«Quando sono arrivati i vaccini molte delle persone interpellate dai media parlavano di copertura anticorpale a lungo termine anche per un anno. Ecco, io ho l'abitudine di esprimere pareri solo con la certezza di aver interpretato correttamente i dati a disposizione. Sulla base di quali dati si dicevano e ipotizzavano quelle tempistiche di durata di copertura anticorpale? Era una simulazione, sì, piuttosto attendibile allora, ma parziale. Si è poi visto che la copertura con la vaIutazione dell'aggiunta dei nuovi dati, era inferiore».

Autorizzando qualcuno a pensare sia stato un modo per convincere al vaccino.

 «La comunicazione è importante. Laddove non hai una certezza di interpretazione di dati, occorre rimandarla. Non è stato fatto, andando ad alimentare gli argomenti di chi è anti scienza. A parlare dovevano essere in pochi, e titolati».

In poco tempo molto è cambiato.

«Succede con tutti i farmaci che il famoso "bugiardino" venga aggiornato periodicamente, su effetti collaterali o indesiderati, o sull'efficacia. Vedi quel che è appena accaduto con Astrazeneca: una revisione dei dati cumulativi ha evidenziato che la maggior parte degli eventi sospetti di Tts, cioè le trombosi rare associate a livelli bassi di piastrine, sono stati segnalati dopo la somministrazione della prima dose: 1.643 casi nel mondo. Minori 166 - gli eventi dopo la seconda dose».

I media hanno evidenziato il nuovo effetto collaterale scoperto: casi di mielite.

«Sì, casi molto rari di mielite trasversa sono stati segnalati dopo la somministrazione dei vaccini di Astrazeneca e Janssen». Il vaccino, comunque, non protegge dal contagio. «L'obiettivo prioritario è si evitare la contagiosità, ma anche la prevenzione di manifestazioni cliniche ed effetti severi. E questo è avvenuto. Presto arriveranno altri vaccini aggiornati contro le varianti, Omicron in particolare».

Servirà una quarta dose?

«Anche qui: inutile parlare troppo presto. Per le persone fragili o immunodepresse probabilmente sarà necessario, per il resto è meglio aspettare per fare ipotesi».

Che rapporto hanno, Melazzini, politica e scienza, di questi tempi? Il Cts ha prescritto un ulteriore restringimento delle maglie.

«A mio modestissimo parere, quando sento politici che pure stimo molto dire che il Cts deve essere più flessibile e morbido, mi chiedo se sappiano che un organo tecnicoscientifico si esprime e consiglia cosa fare sulla base di dati che non possono essere mediati. La politica media, la scienza no».

Finora è andato tutto liscio?

«Certo non possiamo permetterci di agire sempre in emergenza. Dobbiamo adeguare e adattare le strategie al momento che stiamo vivendo, sì, ma quella contro il virus è una battaglia che si pub vincere solo con un sistema molto forte e organizzato, con una programmazione precisa».

Pare una continua emergenza.

«Facciamo tesoro di questi due anni: l'emergenza Covid è oggi ordinarietà, che ci sia la variante Omicron, Delta o eventuali future è fondamentale agire in anticipo e con tempestività. Arriveremo forse a una condizione di virus endemico e con la necessità, probabilmente annuale, di effettuare la vaccinazione. Certo, è fondamentale e indispensabile che la vaccinazione sia universale».

Pro o contro il vaccino ai bambini dal ai 12 anni? I colleghi hanno posizioni contrastanti.

«Non è mia abitudine criticare nessuno. Da medico, esperto di sanità pubblica e da cultore della materia, ma anche da genitore, e da nonno, penso che i bambini devono essere vaccinati. E un problema di sanità pubblica. Possono essere potenzialmente vettori. Anche se, ovviamente, non sono solo i bambini il problema ed è inutile demonizzarli».

Quindi ha salutato con favore anche l'obbligo per gli over 50?

«Avrei anzi messo l'obbligo vaccinale per tutti subito dopo l'estate. Se proprio non per tutti, sicuramente per le categorie che per motivi professionali hanno contatti con il pubblico. È stata la politica a mediare».

Lei è uno scienziato, ma anche un uomo di pensiero. Come coniugare obbligo e libertà di scelta?

«Grazie per la sua definizione, ma sono semplicemente un uomo cultore di scienza, manager in sanità. Il problema è la tutela della salute pubblica generale e anche la Costituzione nell'articolo 32 cita espressamente che va tutelata».

Gli antivirali funzionano?

«L'antivirale orale della Merck da poco approvato, se preso entro 5 giorni dall'insorgenza dei sintomi riduce l'ospedalizzazione del 30%. A breve arriverà anche quello di Pfizer, con risultati ottimi: - 90% di ospedalizzazione. Anche il Remdesivir è stato recentemente autorizzato dall'Agenzia europea del farmaco: per i soggetti non in ossigenoterapia ad alto rischio il farmaco pub essere utilizzato fino a 7 giorni dai sintomi. II trattamento, per via endovenosa, dura 3 giorni».

E le monoclonali?

«Gli anticorpi monoclonali si mostrano invece efficaci sulla variante Delta, nei pazienti fragili con potenziali complicanze della malattia, ma non tutti gli autorizzati sono parimenti efficaci contro Omicron. Alcuni sì, ma ci vorranno alcuni mesi ancora per avere dati sicuri. Una nota positiva sul fronte delle terapie: una ricerca mostra che l'anticorpo monoclonale Bebtelovimab, sviluppato da Abcellera e Eli Lilly, neutralizza efficacemente Omicron e le altre varianti. Inoltre, uccide il virus a bassi dosaggi e questo apre la strada all'utilizzo sottocutaneo. Lilly sta lavorando per ottenere un'autorizzazione di emergenza».

È ancora utile dare un bollettino giornaliero di contagiati e morta?

«Sì, ma devono essere comunicati con correttezza, chiarezza e trasparenza totale. I dati sono da spiegare. Anche quelli inerenti i deceduti: bisogna chiarire le cause, se per il Covid o con il Covid. Occorre chiarire i numeri, distinguendo tra chi è contagiato, ma è ricoverato per altra patologia, e chi è in ospedale esclusivamente per Covid. Ribadisco: nell'incertezza, sempre meglio rimandare l'esposizione mediatica. Perché si rischia odi generare tanta speranza, o un eccesso patologico di timore».

Nel Pnrr 6,5 miliardi verranno destinati alla sanità. Tanti? Pochi?

«Un'occasione che occorre giocarci bene. Perché è un concreto modello di cura fondato sulla persona. La pandemia ha dimostrato ancora una volta che rafforzare il territorio è fondamentale. Ospedali di comunità, case di comunità e centrali operative territoriali saranno fondamentali. Tanti sono i miliardi a disposizione, di cui alcuni a debito: occorrono progetti entro la prossima primavera, da terminare entro il 2025-26».

Pessimista?

«No, mai, ma realista sempre. La conferenza Stato-Regioni ha appena dato il via libera alla ripartizione. Credo però che la cosa più importante sia che le risorse si traducano in azioni e fatti concreti. E che non ci sia il pregiudizio tra pubblico e privato».

Lo dice in conflitto di interessi?

«No. Semplicemente, da civil servant che ha lavorato per anni nel pubblico, so che esiste solo la distinzione tra sanità di qualità e sanità scadente. Serve un'ottica di sussidiarietà, integrata e finalizzata a garantire risposte concrete al bisogno di salute emergente, non solo Covid. Le liste di attesa aumentano sempre più sulla gestione delle patologie croniche, le oncologiche ed altro. Inoltre uno dei grandi problemi è oggi anche la disomogeneità di offerta delle regioni e relative risposte. È fondamentale che al cittadino sia garantita la libera scelta, ma che lo sia per davvero. Non possiamo farci sfuggire questa occasione».

 


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